Arroccata nell’entroterra palermitano, l’Abbazia è oggi un fervente centro culturale e sociale
“Sono veramente monaci se vivono del lavoro delle proprie mani, così come fecero i nostri Padri e gli Apostoli. Tutto, però, si deve fare con misura, per riguardo ai deboli”. Questa è una delle prime frasi con cui veniamo accolti nella splendida e immensa Abbazia benedettina di San Martino delle Scale, piccola frazione di Monreale, nella provincia di Palermo, Sicilia. 22.000 metri quadrati è lo spazio occupato dalle sole aree coperte, nelle quali si svolgono le più svariate attività al servizio della comunità locale.

L’Abbazia
Arroccata nell’entroterra palermitano, l’Abbazia è un fervente centro culturale e sociale che sta alle spalle della città di Palermo, a circa 600 metri di altitudine. Isola di tranquillità all’ombra della frenesia cittadina. Luogo di ritrovo per i locali, che possono partecipare alle attività e agli eventi, anche musicali, offerti dal complesso in un ambiente di ritrovo immerso nel verde dove, soprattutto la sera, il tepore cittadino viene smussato da una fresca brezza di montagna.
L’abbazia è visitabile anche dai turisti, oltre che da chi sceglie di trascorrere qualche giorno di ritiro per dedicarsi alle attività del monastero a tempo pieno.
Ad accoglierci ci sono Don Riccardo e Don Vittorio, il primo ha circa la metà degli anni del secondo, quasi trenta e quasi sessanta. Accomunati dalla simpatia e dall’orgoglio di mostrare le attività dell’Abbazia ci guidano con quella serenità d’animo che solo gli uomini di chiesa sanno trasmettere.
L’Abbazia di San Martino delle Scale, in cui vivono, fu quasi certamente fondata nel XIV secolo, quasi settecento anni fa. La sua fondazione è attribuita prevalentemente a Don Angelo Sinisio, primo abate di San Martino, che oltre a vantare qualità umane e spirituali, fu capace di organizzare la vita all’interno del complesso. Venne iniziata la coltivazione dei campi e delle erbe a scopi medicinali, nonché l’istituzione di uno scrittorio per la riproduzione di testi religiosi.
Un mondo sorprendentemente variegato
Oggi l’Abbazia è dotata di una biblioteca, di un orto, di laboratori di restauro (pittorico, tessile e della carta) e di attività musicali, molte delle quali attorno al chiostro principale, uno dei sette presenti. Ma c’è spazio anche per attività ancora più amene. D’altronde, fu proprio Angelo Sinisio il primo a menzionare per iscritto l’esistenza della cassata siciliana, e i monaci di oggi non hanno tradito le predilezioni del loro antico predecessore. Le abilità culinarie dei monaci sono anche mostrate in un programma televisivo, “Le ricette del convento” (“Recipes from the monastery”), trasmesso sul canale 33. (Dalla trasmissione è nato anche un libro). Ma la vera sorpresa è la produzione dell’unica birra monastica dell’Italia meridionale.

Dopo una lunga passeggiata che comprende alcune piccole stanze museali con meravigliosi soffitti e strumenti culinari ed erboristici, arriviamo ad un piccolo e raccolto laboratorio. La stanza è adibita alla produzione di due fantastiche birre. Una scura, “da meditazione”, e una bionda, “da compagnia”, come ci viene riferito. Nel piccolo ambiente, i 15 soci dell’associazione Hora Benedicta che ha lo scopo di promuovere le attività dell’Abbazia, si riuniscono una volta al mese dalle 9 alle 17, per cucinare e assaggiare le birre.

“La realizzazione della birra”, ci dice Don Riccardo, “è come una danza del fuoco, si porta a ebollizione l’acqua e poi si aggiungono le spezie”. Tutto accompagnato da canti e allegria, ma anche da una certa precisione: uno dei soci è incaricato di riportare fedelmente tutti i passaggi e gli ingredienti, in modo da poter replicare le produzioni migliori. Risultato delle sperimentazioni sono due birre, una scura, chiamata “Monastic Beer”, che ha iniziato la produzione nel 2011 e una bionda, “Blonda Ale”. La prima nasceva con una gradazione dell’11%, poi abbassata all’8% per esigenze di vendita, la seconda ha una gradazione del 6%. La scura, il cavallo di battaglia dell’associazione, vinse immediatamente un importante premio nazionale e in seguito uno europeo, che diedero la spinta per continuare. Entrambe sono acquistabili al monastero o contattando l’associazione via email (info@horabenedicta.eu).
Al mattino presto
Terminata la visita del laboratorio, ci rechiamo nel refettorio, l’ambiente in cui i monaci si riuniscono per i pasti. Alle 6 e 30 del mattino avviene la prima preghiera, alle 8 la colazione, alle 13 il pranzo e alle 20 la cena. Dipinti e affreschi adornano la sala, al centro c’è il pulpito, dal quale un monaco legge durante tutti i pasti, tranne nei giorni di festa.
Prosegue la visita, ci vengono mostrati i saloni, la meravigliosa scalinata e la chiesa, che ospita un organo risalente al 1500. Alla fine della gita – replicabile dagli avventori due domeniche al mese o su prenotazione per gruppi da dieci persone in su – veniamo accompagnati su un piccolo balcone che offre una meravigliosa vista sull’area circostante, in lontananza si vede il mare. Interrogati, Don Riccardo e Don Vittorio giurano, non beviamo mai la birra durante i pasti. Ogni tanto, per accompagnare qualche momento di relax. Non resta che credergli.