Si tratta di un piatto tipico di piccole lumache di terra che viene preparato solo d’estate
Il quartiere Kalsa
Il quartiere Kalsa è un intricato dedalo di vie del centro storico di Palermo, uno spaccato autentico della città. Schiamazzi, motorini, street food e chiese uniche animano questo particolare quartiere: passeggiarci è una vera immersione nello spirito più profondo del capoluogo siciliano. L’inestricabile misto di degrado e sontuosità di Palermo trova qui il suo apice indiscusso. Case popolari e ricchi palazzi si mischiano, creando un tutt’uno. Pochi metri separano le facciate immacolate di edifici antichi messi a nuovo dai panni stesi ad asciugare davanti le case popolari.
“La prescelta” dagli Arabi
Fu fondata dagli arabi tra il 937 e il 938, quando un certo Halil-ibn Ishag si stabilì qui e la chiamò al-Khālisa, “la prescelta”. Inizialmente era una cittadella fortificata che serviva ai musulmani per stabilire il governo dell’emiro e delle sue truppe, e il quartiere fu costruito attorno ad essa. Gli arabi rimasero in Sicilia per quasi tre secoli, dall’inizio dell’800 alla fine del 1000. Questa immensa isola al centro del Mar Mediterraneo vide anche il passaggio degli antenati (… degli antenati degli antenati) degli arabi di oggi. Sì, proprio quelli che oggi commerciano petrolio, organizzano i Mondiali di calcio e i Gran Premi di Formula 1.

Tante anime
Pochi metri separano le facciate immacolate di edifici antichi messi a nuovo dai panni stesi ad asciugare davanti le case popolari. Meravigliosi ed enormi murales si stagliano su alcuni dei palazzi più alti a pochi passi da chiese centenarie. La Chiesa dello Spasimo è una di queste, un luogo unico a cui Raffaello dedicò la celebre “Madonna dello Spasimo”. Il quadro, oggi custodito al Prado di Madrid, fu portato nella capitale iberica da Filippo IV nel 1661, durante il dominio spagnolo. Poco distante un enorme murales recita una delle frasi simbolo della città: suos devorat alienos nutrit. Palermo divora i suoi e nutre gli stranieri. Un monito ai suoi abitanti e un piacevole avvertimento a chi si trova di passaggio.
Seduti comodamente in uno dei tavoli esterni delle trattorie di pesce della Kalsa, presto ce ne si rende conto. Qui la regola viene tradita: sia palermitani che stranieri, possono nutrirsi abbondantemente, e a prezzi molto contenuti. Piatti di pasta con il pesce si alternano alle pietanze più tipiche della città. Se poi si sceglie di farsi aiutare da qualche bicchiere di vino bianco fresco, presto ci si convincerà di aver fatto la scelta giusta.
“Viva Palermo e Santa Rosalia”
Ma nel periodo estivo è una particolarissima pietanza a prendersi la scena gastronomica della città. La preparazione dei babbaluci fa da accompagnamento alla festa cittadina. Il 13 e il 14 luglio si celebra Santa Rosalia, patrona della città, ma questa è un’altra storia. E proprio nel quartiere della Kalsa, ogni anno la tradizione si mantiene intatta. Si tratta dei babbaluci, nome dialettale con cui vengono indicate piccole lumache di terra. Pulite con farina e sale grosso per 24 ore, vengono poi bollite e successivamente condite con olio, aglio, pepe e abbondante prezzemolo. Le escargot francesi sono una remota immagine nella mente di chi prova i babbaluci alla palermitana, più piccoli e conditi in maniera semplice. Il sapore è di per sé delicato, ma gli ingredienti danno una notevole spinta.

Argomento a parte riguarda le tecniche per mangiarle. Un po’ come le bacchette per il cibo asiatico, qui l’usanza si inverte. La gente del posto le mangia bucandole con il dente canino e succhiandone il contenuto, il rumore che ne scaturisce va a beneficio delle orecchie dei passanti. Per chi non è del luogo, o per i più giovani rimasti incapaci di apprendere dai nonni la tecnica del canino, l’alternativa è utilizzare piccoli stuzzicadenti. Il modo di mangiare, e le annesse tempistiche, trasformano questo cibo in un passatempo, gustoso accompagnamento del tempo. Nella piazza o nelle terrazze delle case.
Adesso, seduti su comode sedie di plastica, ci troviamo a mangiare una buona porzione di babbaluci e a fare un’“esperienza unica” – come ormai vengono definite questo genere di cose. Accompagnati, in questo caso, da una birra fresca. I rumori d’insieme si annullano, sono diventati un tutt’uno con noi. A questo punto, dopo che con foga e passione, ci arrovelliamo per uscire l’ennesima lumaca dal suo guscio, possiamo prenderci un secondo per alzare lo sguardo. Fa un certo effetto pensarlo. Ma riabbassiamo lo sguardo, il tempo è passato, i babbaluci sono finiti.